Primo obiettivo: ridurre le diseguaglianze che nella città si manifestano in modo acuto.
Degrado sociale e ambientale convivono, la povertà urbana, l’emarginazione,
la solitudine non trovano nella città il luogo che restituisca dignità e speranza.
Finché il governo della città e del territorio sarà, come ora, guidato
dalla rendita, dalla speculazione, dagli affari spesso illeciti, permarranno iniquità
e lesione dei diritti urbani, danni alla salute, devastazione dell’ambiente, inquinamento
delle falde acquifere, inondazioni, rischi idrogeologici e sismici, consumo di suolo;
La forbice fra domanda e offerta di alloggi (fabbisogno abitativo
insoddisfatto in presenza di migliaia di alloggi vuoti) dimostra l’incapacità
di autoregolamentazione del mercato e quindi la necessità di una
guida pubblica che lo indirizzi verso i bisogni reali delle persone.
La permanente emergenza abitativa è il prodotto
di un mercato edilizio guidato, non dalla mano pubblica che lo dovrebbe indirizzare
con Leggi e finanziamenti verso risposte a domande reali (che vanno dagli alloggi
in locazione a basso costo, alla sostituzione di reti acquedottistiche obsolete
con perdite che arrivano al 40%, ), ma esclusivamente dal profitto, dall’urbanistica
neoliberista che ha smarrito la sua funzione sociale.
Il problema della casa per chi ha redditi bassi rappresenta una sofferenza
uguale e, in presenza di bambini, persino superiore all’assenza di lavoro. Ma spesso
entrambi si presentano in modo congiunto, perché la questione delle abitazioni non
colpisce tutti indistintamente, ma solo chi non ha un reddito sufficiente per affrontare
il mercato privato. Perché le case non mancano, ma segnano più di ogni altro fattore
le diseguaglianze, per qualità, ubicazione, accessibilità.
Più disoccupazione, più povertà, più disuguaglianza sociale, più
debiti: è dentro questo scenario che dobbiamo collocare la drammatica realtà dell’emergenza
abitativa.
Non si può parlare di lotta alle diseguaglianze se non si affronta
con determinazione il problema della casa. È un problema che i 7 milioni di
case vuote permetterebbero di risolvere. Un piano di emergenza, che può diventare
una svolta strutturale per risolvere un dramma che riguarda le fasce più povere
della popolazione e che si estende ormai verso la classe media.
Proponiamo di affidare ai Comuni, attraverso un Piano di Investimenti
mirato, il compito di acquistare, con bando pubblico, gli alloggi vuoti per affittarli
o prenderli in affitto dai privati per riaffittarli a loro volta a famiglie bisognose,
facendosi così garanti presso il proprietario di eventuali insolvenze causate da
condizioni di necessità. È un Piano Casa che rappresenta la soluzione migliore
in un momento in cui i valori degli immobili sono scesi in media del 30% e in alcune
aree urbane fino al 50%, che ha i seguenti vantaggi:
- · la rapidità degli
effetti derivante dall’avere il prodotto pronto per essere assegnato alle migliaia
i famiglie in attesa nelle liste ERP e per quelle (160.000 secondo i dati SICET)
con sfratti esecutivi in attesa di essere eseguiti, molti dei quali dovuti
a morosità incolpevole in continuo aumento.
- · investimenti che
sottrarrebbero al mercato un bene inutilizzato, che il mercato non assorbe
- · non
produce consumo di suolo perché recupera gli edifici esistenti,
- · la
messa a norma degli alloggi degradati collabora al risparmio energetico e a
ridurre l’inquinamento
- · riqualifica le
periferie attraverso il risanamento degli immobili, spesso da anni abbandonati
Il Governo Pubblico delle Città deve costituire un esempio virtuoso
di buone pratiche e gli stanziamenti dello Stato dovrebbero esserne la guida (nel
2016 il Governo non ha stanziato un solo Euro per l’edilizia sociale).